Il presente modulo si propone di fornire spunti e riflessioni sulla tutela dell'ambiente e del territorio in tutte le sue variabili.
La Provincia di Benevento si estende nell’entroterra nord-orientale della Campania con una superficie di circa 2.000 kmq, corrispondente al 15% dell’intero territorio regionale. E’ un’area prevalentemente montuosa (il 55% è prettamente montuosa il restante 45% è collinare). Le economie dei territori appenninici e soprattutto del Sannio sono caratterizzate dall’Agricoltura e dall’ Allevamento. Le produzioni tipiche prodotte sono essenzialmente gli ulivi ed i vitigni ( con relativi lavorazioni), tanto che nel Sannio sono presenti ben 6 denominazioni di origine e 2 indicazioni geografiche per più di 60 tipologie di vini[3]. Tra questi il Solopaca (il vino con la Denominazione più antica fra quelle annoverate in provincia di Benevento, interessando 12 comuni collocati nella parte meridionale dell’antico Sannio, con a nord i Monti del Matese e a sud il Taburno), il Guardiolo, il Taburno o Aglianico del Taburno, il Sant’Agata dei Goti.
La ruralità quale presupposto per la valorizzazione delle aree interne
Le aree interne del Mezzogiorno sono caratterizzate da un patrimonio alimentare e gastronomico notevole che deve essere riproposto come recupero della tradizione alimentare, sottolineando la bontà nel gusto, la salubrità ed anche l’economicità dei prodotti. Tale patrimonio è frutto soprattutto della diversità tipologica dei suoli, della diversità e mitezza climatica, della presenza di una ricca cultura materiale che si è articolata nel tempo in un continuo equilibrio tra saperi e sapori che caratterizzano le aree meridionali.
La specificità dei prodotti tipici, quindi può essere vista come un punto di forza per le piccole imprese, in quanto il forte legame del prodotto e il territorio rappresenta, comunque, un vantaggio competitivo anche nei confronti delle grandi imprese, ma affinché questo sia possibile è necessario rispettare le regole dettate dalla Comunità Europea per la salubrità degli alimenti e quindi di sicurezza alimentare. La scena politica economica e sociale internazionale è stata caratterizzata in questi ultimi anni da eventi che hanno modificato l’approccio dei consumatori nei confronti del cibo, da qui l’esigenza di porre in essere maggiori strumenti di tutela per la salute. Quindi analizzando il comparto economico italiano è possibile constatare come il recupero del prodotto tipico (caratterizzato dalla specificità e dalla genuinità degli alimenti) diventi il principale strumento di valorizzazione e promozione di un determinato territori.
È necessario innanzitutto, porre in essere strategie tese alla sicurezza degli alimenti, e quindi, a discernere fra il concetto di salubrità dei prodotti alimentari e quello di sicurezza dei medesimi poiché il concetto di sicurezza tende a porre l’accento sul controllo del rischio mentre il primo comprende molti altri aspetti.
La sicurezza alimentare è infatti, divenuta una delle problematiche che hanno caratterizzato l’agenda politica della UE,in quanto riveste un ruolo trasversale atto ad integrare i vari ambiti di competenza comunitaria, fra i quali la politica agricola comune quale pilastro dello sviluppo rurale, l'ambiente, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori e il completamento del mercato interno.
La Commissione europea, nel 1997 ha pubblicato il Libro verde sulla sicurezza alimentare e nel gennaio 2000 un libro bianco sulla sicurezza alimentare, che hanno segnato una tappa importante nella trasformazione della legislazione europea in materia, tali documenti sono stati le risposte alla BSE, afta epizootica- mucca pazza e ad altre problematica, quali quelle della diossina, della viaria. Il libro bianco ha assunto quale slogan quello “ dalla fattoria alla tavola”, assumendosi quale obiettivo quello di creare un quadro giuridico che coprisse l'insieme della filiera alimentare, partendo dall'alimentazione e alla salute degli animali, la protezione e il benessere degli animali, i controlli veterinari, le misure di polizia sanitaria, i controlli fitosanitari, la preparazione e l'igiene dei prodotti alimentari.
Il Libro Bianco adottato nel febbraio 2002, ha fondato la legislazione alimentare su sei principi generali quali
affermazione del carattere integrato della filiera alimentare;
analisi del rischio quale fondamento essenziale della politica di sicurezza alimentare;
separazione netta di analisi e gestione dei rischi;
impegno della responsabilità degli operatori del settore;
determinazione della tracciabilità dei prodotti in tutte le fasi della filiera alimentare;
diritto dei cittadini ad informazioni chiare e precise.
La Comunità Europea ha inoltre istituito un'Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESE), i cui compiti principali sono stati individuati per fornire pareri scientifici indipendenti su questioni attinenti alla sicurezza alimentare, perraccogliere e analizzare informazioni su rischi potenziali o emergenti e avviare un dialogo permanente con il grande pubblico.
Il problema che si è trovato ad affrontare il legislatore, quindi, è stato quindi quello di attuare delle strategie che si fondassero sulle specifiche peculiarità che comprendono ricerca, buone pratiche di produzione, salubrità, genuinità, qualità e rintracciabilità, concetti strettamente connessi che identificano la sicurezza alimentare non tanto come assenza di nocività o di pericolosità, ma come un continuo e costante controllo a livello dell’intera filiera produttiva.
Definire il concetto di “qualità” non è impresa facile e la difficoltà aumenta, se tale concetto deve essere associato alle produzioni agroalimentari. In generale, comunque, la definizione data dalle norme ISO sembra ancora quella maggiormente esaustiva“La qualità è l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare le esigenze, espresse o implicite, di una potenziale utenza “ Tale definizione implica che per poter decidere quali caratteristiche il prodotto debba possedere bisogna conoscere da un lato le preferenze del consumatore e dall’altro il mercato di destinazione del bene.
E’ in questa chiave che può essere letta la connessione tra valorizzazione dei prodotti tipici e sviluppo rurale, quest’ultimo inteso come processo di sviluppo endogeno che, facendo leva prioritariamente sulla qualità delle risorse naturali e umane costruite nel tempo su di un dato territorio e incentrate sull’agricoltura, viene promosso, attuato e controllato da una collettività che è in grado di determinarne autonomamente le finalità e gli strumenti per raggiungerle.
L'importanza dell'agricoltura nella economia mondiale nei secoli
L’agricoltura ha sempre rappresentato la base di sostentamento e sussistenza dell’uomo, ruolo che ancora oggi riveste , anche se con funzioni e ruoli diversi, evolvendosi con la storia e le attività svolte dai popoli.
Il vero momento di rottura si è avuto nel periodo preindustriale quando vi è stato uno spopolamento delle campagne per indirizzarsi verso la città. Ma anche grazie alle nuove tecniche culturali e successivamente a metà degli anni 50 del XX secolo, con la crisi che il settore agricolo ha risentito fino a giungere al XXI secolo e la necessità di una riconversione che ha portato ad un ampliamento delle attività che da semplice sussistenza e quindi produzione anche di servizi quindi tendendo alla così detta multifunzionalità
L’agricoltura si è sviluppata e si è evoluta seguendo e interagendo con la realtà umana, in un rapporto di stretta collaborazione: dai tempi della raccolta, nei quali l’uomo provvedeva ai suoi bisogni alimentari sfruttando direttamente ciò che la natura produceva spontaneamente, fino alla scoperta dell’agricoltura, con la quale l’uomo riuscì a capitalizzare una ricchezza attraverso la tecnica e la filosofia agricola. Tale ricchezza è chiamata anche “surplus agricolo”. L’uomo nel tempo ha scoperto che facendo interagire il proprio lavoro, quello degli animali e quello della natura otteneva un risultato che, oltre a sfamare lui e gli animali, gli forniva un’eccedenza, che poi imparò a vendere e a commercializzare, riuscendo così a ricavare un sostegno accessorio alla sua attività.
La scoperta dell’agricoltura è stato un fenomeno fondamentale della vita dell’uomo sulla terra, una scoperta inevitabile, ma necessaria a compiere quel salto di qualità che gli permise di non essere più simile ed un animale che si ciba di caccia e raccolta; gli permise di intraprendere la strada per diventare essere umano.
Per comprendere i diversi ruoli che tale comparto ha rivestito è fondamentale analizzarne le funzioni dei diversi secoli.
Dal turismo rurale al turismo eco-gastronomico: il caso del Sannio Beneventano
Premessa
Il paesaggio italiano deve essere considerato nella nuova lettura come “unicum” ambientale , dove la mano dell’uomo ha trasformato, plasmato, modificato, arricchito di borghi e centri storici il territorio, dove si fondono il paesaggio naturale, paesaggio agrario, paesaggio storico, il paesaggio rurale, paesaggio alimentare.
Analizzando i saggi tradizionali, si evidenzia come in essi si parlasse solo ed esclusivamente, di natura naturans e di natura naturata (B. Spinoza, Etica e Trattato teologico-politico, UTET, Torino, 1988, pagg. 112-113) indirizzati ai concetti di percezione e di espressione. Infatti nel suo Viaggio in Italia Goethe coglie questo aspetto assolutamente specifico del Bel Paese, che lo rende unico al mondo, scrivendo, a proposito del paesaggio italiano e di quanto in esso vi si intrecci e si crei , una “seconda natura” alla quale hanno concorso le mani di artisti, di mecenati, di artigiani, o di “artieri” come li definiva lo storico Piero Camporesi in uno dei suoi volumi più acuti (Le belle contrade, Garzanti, 1992): “Nulla era più lontano dal gusto cinquecentesco d’un paesaggio puramente naturale, non costruito e fabbricato dall’ingegnosa laboriosità umana”. Egli cita una bellissima espressione di Carlo Cattaneo dedicata alla Bassa padana (certo il nostro territorio più intensivamente trasformato rispetto all’antico): “Pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani”.
Il paesaggio quindi sia come insieme dei segni lasciati dall’uomo sul territorio, che quale deposito di storia . Poiché in esso è rappresentato e testimoniato il passato anche il presente e il futuro. Esso è dunque il fondamento della identità delle diverse comunità che abitano in un luogo, rappresentando quindi una insostituibile risorsa della civiltà.
Il paesaggio anche come risorsa economica, in quanto sempre più, nell’economia moderna, si tende ad accrescere le risorse legate alla produzione di “beni immateriali”, tra i quali i comparti legati alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, alla conoscenza e al godimento estetico assumono crescente rilievo.
Il paesaggio anche come risorsa economica, in quanto sempre più, nell’economia moderna, si tende ad accrescere le risorse legate alla produzione di “beni immateriali”, tra i quali i comparti legati alla ricreazione e al benessere fisico, al turismo, alla conoscenza e al godimento estetico assumono crescente rilievo.
In moltissime aree del Mediterraneo il paesaggio di qualità è luogo e condizione per produzioni enogastronomiche “di nicchia”, caratterizzate dalla qualità e dall’identità, fondamentali sia lo sviluppo economico e sociale delle aree coinvolte che per la conservazione di valori universali, e quindi nella nuova accezione di ecogastronomia. Il Bacino del Mediterraneo è caratterizzato da fattori omogenei sul territorio e la lettura del paesaggio permette, quindi, di verificare le trasformazioni che le aree hanno subito per mano dell’attività antropica.
La nuova accezione di paesaggio a seguito della Convenzione di Sul Paesaggio ( 2000) esprime un concetto di tutela del paesaggio come tutela globale e non più solo in riferimento al significato estetizzante di bellezza naturale assumendo quindi un valore estetico ma non consistente in una immagine pittorica, bensì inteso come percezione, apprezzamento, consapevolezza da parte dell'uomo di una unità etnica, economica o ambientale. In questo senso il concetto di paesaggio si avvicina a quello di ambiente.
La nuova definizione di paesaggio: tutela e valorizzazione
Negli Anni Ottanta, con la Legge Galasso, è stata identificata una tutela del paesaggio che non riguarda più soltanto beni di esclusiva rilevanza estetica (bellezze naturali) o culturale (singolarità geologiche, beni rari o di interesse scientifico o di valore tradizionale) bensì beni che costituiscono elementi caratterizzanti la struttura morfologica del territorio nazionale, siano essi naturali o effetto dell'attività umana. In questa accezione di paesaggio si intravede quindi, un significato di ecosistema paesistico, inteso come un insieme di ecosistemi variamente collegati con connotazioni di natura produttiva, culturale ed ambientale. Dunque il paesaggio, visto da questa prospettiva, è un insieme di sistemi ecologici dinamici in equilibrio (o in disequilibrio, a seconda dei casi), in cui le componenti ambientali di maggiore rilievo, quali suolo, vegetazione, clima, fauna e acqua, interagiscono fra loro, ricevendo inoltre le importanti pressioni modificatorie degli interventi antropici (coltivazione, forestazione, pascolo, incendi, deforestazioni, edificazione, inquinamento ecc.). Risultano quindi di rilevante importanza quei fattori e quegli elementi che, legati alla presenza di tutte le diverse componenti ambientali di tale sistema complesso, permettono il mantenimento dell’equilibrio ecosistemico. Ed è in questa lungimirante prospettiva, che oggi si parla di mosaico paesistico ambientale.
Con la Convenzione Europea del Paesaggio i paesi firmari si sono impegnati ad approfondire la conoscenza dei propri paesaggi con lavori di “identificazione” e di“valutazione”. Infatti la necessità di identificare e valutare i paesaggi posta dalla Convenzione deve essere intesa, anche alla luce delle indicazioni della relazione esplicativa (che esprime riserve sull’opportunità di stabilire una scala di valori) e dei diversi termini utilizzati nelle due lingue ufficiali della Convenzione rispetto alla traduzione italiana (“identification and assessment” in inglese e “identification et qualification”, in francese).
Dal turismo rurale al turismo ecogastronomico
La tutela del paesaggio è strettamente collegata alla sua governance, che trova la sua espressione anche nella fruizione dello stesso attraverso attività “ produttive” quali ad esempio il turismo questo soprattutto per le aree interne del Mezzogiorno d’Italia nel turismo integrato.
Da numerosi studi emerge un sempre più forte interesse nei confronti di quello che si può definire l’“ Italian Style of Life” con un'attenzione alle tradizioni nonché al patrimonio culturale enogatronomico ed ecogastronomico del nostro Paese, in particolare del Mezzogiorno . Di fatto l'immagine o meglio il “Brand Italia” è legata profondamente al concetto di “cultura” inteso non solo come patrimonio artistico-culturale-paesaggistico, ma anche gastronomico, artigianale, folkloristico etc., e quindi quale cultura materiale ed immateriale dei luoghi, vero e proprio “genius loci”.
Dai dati forniti dalla “Conservation International”[1], ogni anno, un turista su cinque sceglie un viaggio-natura (con un incremento che varia dal 10% al 30% secondo le aree geografiche). Si tratta perlopiù di persone che organizzano un viaggio all’insegna dell’osservazione e dell’apprezzamento della natura e delle culture tradizionali dei paesi e delle aree visitate. Il numero di soggetti che unisce la vacanza con la scoperta delle tipicità locali gastronomiche sono in aumento infatti i dati confermano che 2008 le vacanze all’insegna di turisti eno-gastronomici sono stati circa 4 milioni divenuti nel 2009 ben 6,5 milioni. Complessivamente si stima però che almeno 30 milioni di turisti nazionali e 20 milioni di turisti stranieri abbiamo scelto come meta Italia in quanto spinti da motivazioni e interessi legati all’offerta enogastronomica. Il giro d’affari è stimato, quindi, tra i 3 e i 5 miliardi di euro. (Osservatorio sul turismo del vino, Censis Servizi Spa 2009-2010). Tra destinazioni del turismo enogastronomico al primo posto la Toscana con il 44% delle preferenze seguita dal Piemonte (20% delle preferenze), Veneto (13%) Umbria (9%) e Puglia (7%).
Come si evidenzia l’area del Mezzogiorno di Italia non è contemplata, soprattutto perché non vi è una offerta integrata ( natura/cultura/gastronomia).
La Cattedra di Ecologia da anni, fra le sue linee di ricerca, ha la realizzazione di azioni tese al turismo integrato ( natura/cultura/gastronomia) realizzando azioni di valorizzazione e promozione delle aree interne del mezzogiorno uniche per bellezze paesaggistiche, cultuali oltre che gastronomiche e che quindi ben si restano per attività legate al turismo integrato[2], che consentano così di decomprimere lo stress antropico causato dal turismo di massa ( sole e mare)sulla fascia costiera
In particolare molte proposte progettuali hanno avuto quale area di studio quelle delle aree interne della Campania e del Sannio , proponendo delle attività di riqualificazione e rifunzionalizzazione del territorio.
Il paesaggio sannita: proposte di un turismo integrato
Il territorio sannita è un’area ad elevata vocazione rurale, infatti molteplici sono i segni ancora presenti oggi a testimonianza delle civiltà che lo hanno abitato.
I paesaggi del Sannio sono caratterizzati, soprattutto, da un alto tasso di biodiversità ma anche da un insieme di valori che sono propri della cultura mediterranea, questi paesaggi sono diventati veri e propri paesaggi culturali in cui la relazione tra attività umane e l’ambiente naturale hanno creato veri e propri feed-back ed uno stato di simbiosi uomo - natura tipici dell’uso passato, da parte delle popolazioni rurali, dell’ambiente naturale. Quindi, si può parlare di paesaggi della biodiversità che si succedono ed alternano nell’area mediterranea, non soltanto considerando lo stretto ambito ecologico - naturalistico, ma prendendo in considerazione anche le particolari ricchezze del capitale umano (Aloj 2009). Per definire il paesaggio mediterraneo, dunque, l’aspetto più importante è la identificazione dei valori che lo caratterizzano, e quindi individuare ed identificare le diverse dimensioni di tali valori, dimensioni che sono sostenute sulla base della diversità culturale e dei suoi parametri estetici ecologici, produttivi, sociali, morfologici, simbolici ed identitari.
La massima produzione si concentra lungo la Valle Telesina e, lungo le Valli Vitulanese e Caudina, lungo i territori collinari adiacenti o prospicienti i due massicci del Taburno e di Camposauro, si tratta delle zone riconosciute come l’area di Solopaca e l’ area del Taburno.
Ulteriore elemento caratterizzante il territorio sannita è rappresentato, dall’attività agrosilvopastorale. Il Sannio può essere inteso quale crocevia della pratica della transumanza ( attività che ha caratterizzato l’economia del mezzogiorno d’Italia fino ad alcuni decenni fa). Il tratturo Pescasseroli - Candela, in particolare attraversava ed attraversa tutt’ora i territori del Sannio e dell’Irpinia e quindi la provincia di Benevento: ventiquattro sono i comuni sanniti attraversati, per una superficie di circa872,46 Km2 ed una popolazione di 50.258 abitanti. Specificatamente i comuni interessati sono Baselice,Buonalbergo, Campolattaro, Casalduni,Castelfranco in Miscano,Castelpagano,Castelvetere in ValFortore, Circello, Collesannita,Foiano di Valfortore,Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte, Ginestra degli schiavoni, Molinara, Montefalcone di ValFortore, Morcone, Pontelandolfo, Reino, San Bartolomeo in Galdo, San Giorgio la Molara, San Lupo, San Marco dei Cavoti, Santa Croce del Sannio, Sassinoro.
Alla pratica armentizia si legano ( sovrapponendosi in alcuni casi) anche le antiche vie della fede, ed in particolare la Via Micaelica – via Francigena del Sud che tocca principalmente i toccherà i territori dei Comuni di Faicchio, San Salvatore Telesino, Telese, Castelvenere, Guardia Sanframondi, Cerreto Sannita ,San Lorenzello, San Lorenzo Maggiore e Ponte. Che rappresenta , che tuttora quasi interamente il prolungamento della Via Francigena da Roma in poi, dopo la città di Benevento, e che interessa l’epicentro del Sannio-Beneventano, allacciandosi alla Via Traiana, che interessa il territorio appartenente ai Comuni di Paduli, Buonalbergo e Castelfranco in Miscano, fino al confine regionale con la Puglia.
Oltre ai molteplici culti religiosi, l’area sannita è caratterizzata anche da molteplici pratiche pagane. Benevento è per definizione la città delle streghe ( Janare). Proprio a causa della forte radicazione religiosa numerosi sono le testimonianze che ricordano le persecuzioni che subirono le donne sannite dedite alla cura dei malanni con le erbe durante l’epoca della inquisizione. Tra i diversi luoghi scelti ( così si legge dai documenti nell’archivio storico di benevento), vi era oltre lo stretto di Barba ( luogo di incontro per il Sabba- sotto il noce), il Ponte delle Janare[4], sito nel Comune di San Lupo (BN).
Da come si evidenzia nell’area ricadente nella Valle Telesina ( in primis ma che comunque caratterizzano tutta l’area sannita) si soprappongono quelle che possono essere definite le vie del vino, della fede e della transumanza, infatti è possibile costatare come le vie del vino coincidono con quella dei pellegrini che a loro volta coincidono con quella della transumanza, che sintetizzano le peculiarità del PAESAGGIO MEDITERRANEO diventando oggi una rete per l’offerta turistica integrata e un esempio di filiera corta territoriale che va dall’allevamento dei capi all’accoglienza, con percorsi per il trekking, il cicloturismo e le passeggiate a cavallo.
in Silvae 2011
[1] http://www.conservation.org/learn/culture/ecotourism/Pages/ecotourism.aspx
[2] Eugenia Aloj, Anna Zollo, Mariagrazia De Castro Il progetto south Italy per il rilancio della rete tratturale come mosaico paesistico – ambientale ed opportunità di ecoturismo inTuristica Mercury n.3/08
ALOJ E., DE CASTRO M, ZOLLO A (2008). Il recupero delle vie della transumanza nel bacino del Mediterraneo nell'ottica del rilancio dell'ecoturismo. In: GIOVANNINI M., GINEX G., (a cura di), Spazi e culture del Mediterraneo. p. 87-93, ROMA: Kappa
[3] Le sei Doc sono: Solopaca, Taburno, Aglianico del Taburno, Guardiolo, Sant’ Agata dei Goti, Sannio; le due IGT sono: il Beneventano ed il Dugenta. I nostri vini più rinomati, come l’Aglianico e la Falanghina, hanno ricevuto riconoscimenti e premi in concorsi e rassegne nazionali ed internazionali; negli ultimi anni si è andata affermando anche la tipologia “Coda di Volpe” che è inserita in tutte le DOC delle provincia
[4] Il ponte (ancora oggi esistente) fu costruito sul Torrente Janara. Il Le due rive scoscese sono dette "Coste Janare". Il ponte fu fatto saltare in aria dai Tedeschi in ritirata durante la la leggenda dice che quello fosse il luogo prediletto dalle "Janare" (streghe) per spiccare il volo e raggiungere il famoso "noce di Benevento”.
L'impronta ecologica
L'Impronta Ecologica è definita come:
"l’area totale di ecosistemi terrestri ed acquatici richiesta per produrre le risorse che la popolazione di una comunità consuma ed assimilare i rifiuti che la popolazione stessa produce".
Questa area confrontata con la reale superficie del territorio abitato da tutti gli esseri viventi diventa un indicatore della sostenibilità di quella comunità. Più precisamente il raffronto non viene fatto con la superficie totale del territorio, ma ad esso viene sottratto una quota stimata attorno al 12% del territorio, in quanto non tutto lo spazio e’ disponibile per gli esseri umani, ma vi sono anche tutte le altre realtà della biodiversità con cui esso deve essere condiviso.
Le categorie di consumo utilizzate sono:
Alimenti
Abitazioni
Trasporti
Beni di consumo
Servizi
TEST DELL'IMPRONTA ECOLOGICA
Rispondi alle domande e calcola la tua impronta personale sommando i punteggi che ottieni:
Casa
1. Quante persone vivono con te?
- 1 (+30 punti)
- 2 (+25 punti)
- 3 (+20 punti)
- 4 (+15 punti)
- 5 o più (+10 punti)
2. In che modo è riscaldata la casa?
- Gas naturale (+30 punti)
- Elettricità (+40 punti)
- Olio combustibile (+50 punti)
- Energia rinnovabile (+0 punti)
3. Quanti punti di acqua (bagno, cucina, lavanderia, balcone) ci sono?
- Meno di 3 (+5 punti)
- 3-5 (+10 punti)
- 6-8 (+15 punti)
- 8-10 (+20 punti)
- Più di 10 (+25 punti)
4. In che tipo di casa abiti?
- Appartamento/condominio (+20 punti)
- Villetta (+40 punti)
Alimentazione
5. Quante volte alla settimana mangi carne o pesce?
- 0 (+0 punti)
- 1-3 (+10 punti)
- 4-6 (+20 punti)
- 7-10 (+35 punti)
- Più di 10 (+50 punti)
6. Quanti pasti cucini personalmente (compresi quelli portati a scuola /lavoro)?
- Meno di 10 (+25 punti)
- 10-14 (+20 punti)
- 14-18 (+15 punti)
- Più di 18 (+10 punti)
7. Quando acquisti alimenti preferisci prodotti locali?
- Si (+5 punti)
- No (+10 punti)
- Qualche volta (+15 punti)
- Raramente (+20 punti)
- Non lo so (+25 punti)
Acquisti
8. Quanti acquisti importanti (stereo, televisore, computer, automobile, mobili, elettrodomestici) hai fatto nel corso degli ultimi 12 mesi?
- 0 (+0 punti)
- 1-3 (+15 punti)
- 4-6 (+30 punti)
- Più di 6 (+45 punti)
9. Hai acquistato articoli a risparmio energetico negli ultimi 12 mesi?
- Si (+0 punti)
- No (+25 punti)
Trasporti
10. Se hai un mezzo qual è?
- Bicicletta (+15 punti)
- Utilitaria (+35 punti)
- Vettura intermedia (+60 punti)
- Berlina (+75 punti)
- Macchina sportiva, monovolume o familiare (+100 punti)
- Van, utility vehicle o fuoristrada (+130 punti)
11. Come vai a scuola/lavoro?
- In automobile (+50 punti)
- Con i mezzi pubblici (+25 punti)
- Con uno scuolabus (+20 punti)
- A piedi (+0 punti)
- In bicicletta o pattini a rotelle (+0 punti)
12. Dove hai passato le vacanze nel corso dell'ultimo anno?
- Niente vacanze (+0 punti)
- Nella mia regione (+10 punti)
- In Italia (+30 punti)
- In Europa (+40 punti)
- In un altro continente (+70 punti)
13. Quante volte utilizzi l'automobile per il fine settimana?
- 0 (+0 punti)
- 1-3 (+10 punti)
- 4-6 (+20 punti)
- 7-9 (+30 punti)
- Più di 9 (+40 punti)
Rifiuti
14. Fai la riduzione dei rifiuti (per esempio preferisci imballaggi ridotti,rifiuti l'invio di posta pubblicitaria, preferisci contenitori riutilizzabili)?
- Sempre (+0 punti)
- Qualche volta (+10 punti)
- Raramente (+15 punti)
- Mai (+20 punti)
15. Quanti sacchi della spazzatura produci ogni settimana?
- 0 (+0 punti)
- Mezzo sacco (+5 punti)
- 1 sacco (+10 punti)
- 2 (+20 punti)
- Più di 2 (+30 punti)
16. Ricicli i giornali, le bottiglie di vetro e quelle di plastica?
- Sempre (+5 punti)
- Qualche volta (+10 punti)
- Raramente (+15 punti)
- Mai (+20 punti)
17. Prepari il compost con i rifiuti della frutta e della verdura?
- Sempre (+5 punti)
- Qualche volta (+10 punti)
- Raramente (+15 punti)
- Mai (+20 punti)
RISULTATI
L’impronta ecologica è legata a quanto consumi e come utilizzi l’ambiente in cui vivi. Sommando i punti che hai fatto troverai qual è la tua.
Meno di 150 punti: impronta ecologica inferiore a 2 ettari
150 - 350: tra 2 e 4 ettari (la maggior parte degli italiani)
350 - 550: tra 4 e 6 ettari
550 - 750: tra 6 e 10 ettari
L'impronta media mondiale richiesta dagli scienziati è di 1,8 ettari a persona.
Ottenere un punteggio inferiore a 2 è indice di un comportamento eco-sostenibile
I rifiuti
La gestione dei rifiuti è una delle principali problematiche che sta caratterizzando il 21 secolo. Lo scorso secolo è stato caratterizzato da un aumento esponenziale di quelli che vengono definiti rifiuti scarti, questo soprattutto grazie alla industrializzazione ed all'aumento della tecnologiaMA I RIFIUTI è NECESSARIO RICORDARSI SONO SEMPRE ESISTITI FIN DALLA PREISTORIA.
I rifiuti di allora erano però costituiti soprattutto da resti di animali uccisi, da utensili e da armi non più in uso.
Queste affermazioni sono testimoniate da vari ritrovamenti: intorno al 1945 a Dolnì Vestonice (Cecoslovacchia) il paleontologo Absolon riportò alla luce quello che è tuttora considerato l'insediamento paleolitico più importante dell'Europa Centrale.
Ma è con l'invenzione dell'aratro e la conseguente pratica dell'agricoltura le popolazioni da nomadi si trasformarono in stanziali e il problema dell'abbandono dei rifiuti divenne importante, le prime grandi comunità sorsero già nel 1800 a.C. in Asia Minore con gli Assiri e i Babilonesi., e con le prime città sorse il problema dello smaltimento. Abili ingegneri progettarono allo scopo delle imponenti canalizzazioni delle acque ad uso civile e un efficiente sistema fognario ma non riuscirono ad eliminarne l'odore; i pestilenziali effluvi accompagnavano in ogni momento la vita degli abitanti.
Nella Roma antica le
cose non funzionavano di certo molto meglio. Attorno all'era cristiana la città
giunse al suo massimo splendore, adorna com'era di magnifiche ville private
Riprendendo le opere ingegneristiche assire i romani perfezionarono gli
acquedotti e la rete di conduzione dell'acqua attraverso una serie di canalizzazioni
sotterranee, la cloaca maxima. Ciò contribuì allo scarico di liquami dalle case
ma il servizio era rivolto solo ai più abbienti. Si stima che le case private
ricche di ogni comfort (bagno, gabinetto, acqua corrente) fossero abitate da
non più di 50.000 persone; il resto degli abitanti (centinaia di migliaia)
viveva nelle "insulae", rioni di case in affitto alte fino a 10
piani, senza bagno e acqua corrente.
Rifiuti di ogni tipo erano gettati dalle
finestre, come pure il contenuto dei vasi da notte. I pericoli maggiori per gli
abitanti di questi quartieri erano rappresentati da incendi ed epidemie che si
allargavano a macchia d’olio raggiungendo anche i quartieri residenziali. Per
far fronte a questi disagi sorsero bagni pubblici (latrinae pubblicae), terme,
fontane cui attingere l'acqua e, ai margini della città, furono costruite
discariche pubbliche, nelle quali non erano gettati solo rifiuti, ma anche
carcasse di animali e i cadaveri dei gladiatori vittime dei giochi circensi.
Citando una curiosità, si afferma che i
romani fossero consumatori insaziabili: recenti studi archeologici hanno
rivelato che strati di immondizie, scarichi vari e macerie portarono alla
formazione di alture artificiali come Monte Citorio, Monte Savello, Monte dei
Cenci e, il più eclatante di tutti, Monte dei Cocci a Testaccio, realizzato
esclusivamente con lo scarico di anfore da derrate giunte a Roma via fiume.
Con la caduta dell'Impero Romano gli
acquedotti e le condotte idriche furono completamente distrutte dai Goti. Le
città appartenute all'Impero, prive ormai di opere di difesa ambientale, furono
colpite da ripetute epidemie.
Si dovette attendere fino al tardo
Medioevo per ritrovare ancora fiorenti città con giardini e belle case:
infatti, solamente nel 1400 i Papi fecero ripristinare e addirittura
ampliare la rete fognaria, senza però risolvere il fastidiosissimo problema
dell'odore nelle strade.
Con il crescere della popolazione,
crebbero anche delinquenza e brigantaggio, che costrinsero gli abitanti delle
campagne a trasferirsi, per paura, all'interno delle mura cittadine. Di
conseguenza i giardini pubblici furono occupati da nuove case, costruite alte e
strette per sfruttare lo spazio disponibile. I rifiuti organici, prima
utilizzati come concime nei campi e nei giardini, erano ora gettati dalle
finestre, andando a formare per le strade enormi cumuli di spazzatura.
Il Decreto (meglio noto come Decreto Ronchi), entrato in vigore nel marzo del 1997, ha assunto nel corso del tempo, a causa dell’intervento di numerosi e successivi provvedimenti, la natura di un sistema normativo complesso e articolato.
La finalità principe della legislazione è quella di ridurre la produzione di rifiuti e di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un elevato grado di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente.
La disciplina prevede, tra le altre cose, una serie di obblighi a carico dei produttori e detentori di rifiuti e dei soggetti che esercitano attività professionali attinenti ai rifiuti.
Il Decreto (meglio noto come Decreto Ronchi), entrato in vigore nel marzo del 1997, ha assunto nel corso del tempo, a causa dell’intervento di numerosi e successivi provvedimenti, la natura di un sistema normativo complesso e articolato.
La finalità principe della legislazione è quella di ridurre la produzione di rifiuti e di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un elevato grado di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente.
La disciplina prevede, tra le altre cose, una serie di obblighi a carico dei produttori e detentori di rifiuti e dei soggetti che esercitano attività professionali attinenti ai rifiuti.
La finalità principe della legislazione è quella di ridurre la produzione di rifiuti e di incentivarne il recupero ed il riciclaggio, garantendo un elevato grado di protezione della salute dell'uomo e dell'ambiente.
La disciplina prevede, tra le altre cose, una serie di obblighi a carico dei produttori e detentori di rifiuti e dei soggetti che esercitano attività professionali attinenti ai rifiuti.
La disciplina prevede, tra le altre cose, una serie di obblighi a carico dei produttori e detentori di rifiuti e dei soggetti che esercitano attività professionali attinenti ai rifiuti.
L'unica soluzione per disfarsene parve
quella di sostituire gli spazzini con dei maiali, lasciati liberi di
scorrazzare per le strade; se però questi da un lato ripulivano le città dai
rifiuti di cucina, dall'altro le sporcavano con i loro escrementi. Le autorità
si videro costrette in alcuni casi a limitare il numero di "maiali
spazzini", in altri a mantenerli in attività solo per alcune ore al giorno.
La situazione rimase praticamente
invariata fino alla comparsa delle più importanti innovazioni e invenzioni
tecnologiche che si ebbero tra la fine del '700 e gli inizi dell'800.
I cambiamenti economici e sociali che ne derivarono portarono a quella che
viene tuttora ricordata come la "Rivoluzione Industriale", cioè quel
processo che permise di intraprendere lo sfruttamento su vasta scala di nuove
fonti di energia per mezzo delle macchine.
Nel 1765 fu inventata in Inghilterra, da
J. Watt, la prima macchina a vapore che venne ben presto impiegata in quasi
tutte le fabbriche: metallurgiche, tessili, tipografiche ecc.
Lo sviluppo industriale che ne seguì fu
accompagnato da un grande incremento demografico e dalla nascita di città
importanti.
All'ascesa della ricca borghesia,
rappresentata da industriali e banchieri, si contrappose lo sfruttamento di una
grande massa di lavoratori salariati, il proletariato, costretto a condizioni
di lavoro e vita iniqui. A ciò si aggiunsero anche le pessime condizioni
igieniche in cui si vennero a trovare le città. Gli stabilimenti e le fabbriche
vennero infatti costruiti lungo il corso dei fiumi, in modo da permettere lo
scarico dei rifiuti direttamente nelle loro acque. Corsi d'acqua pulitissimi
divennero, in breve tempo, una melma maleodorante e malsana. Inoltre sempre più
gente cominciò ad allontanarsi dalle campagne per trasferirsi nelle città che
presto si riempirono di abitanti e quindi anche di rifiuti.
Epidemie di colera e tifo scoppiavano
frequentemente, mietendo vittime su vittime. La gente continuò a morire di
epidemie fino a che non si scoprì la relazione tra acqua sporca e malattie.
La fine del XIX secolo segnò
l'inizio di una seconda Rivoluzione Industriale basata sull'utilizzo
dell'elettricità.
Intorno al 1830 Faraday scoprì la
possibilità di generare energia elettrica facendo ruotare un disco di rame tra
i poli di un magnete; nacque così l'Industria Elettrica che,
nel 1880, ricevette un grande impulso
grazie all'invenzione e alla diffusione della lampadina ad incandescenza di
Edison. Non molto tempo dopo nuovi combustibili derivati dal petrolio conobbero
una crescente utilizzazione in apposite centrali per la produzione di energia
termoelettrica e nei motori a scoppio: attorno al 1850 Young poneva le basi per
la sintesi della benzina, nel 1860 venne brevettato il primo motore a scoppio e
nel 1885 cominciarono a circolare le prime automobili.
In questo periodo gli scarti provenienti
dalle lavorazioni industriali crebbero enormemente.
Fortunatamente, fino alla metà del
secolo attuale, i rifiuti più abbondanti nelle nostre case erano solo ceneri e
avanzi alimentari. Nonni e bisnonni avevano molta più attenzione e sensibilità
verso le cose usate e ci pensavano su due volte prima di buttare via qualcosa.
I rifiuti organici venivano utilizzati
per sfamare gli animali e per concimare l'orto, mentre gli altri oggetti
venivano riparati da abili artigiani: i sellai rattoppavano borse, gli arrotini
riparavano coltelli, le sarte rammendavano vestiti.
La limitata produzione di rifiuti fece
si che in molti Comuni non esistesse alcun servizio di smaltimento dei rifiuti
fino all'inizio degli anni '60. Negli anni
'50 e '60, al tempo del "miracolo economico" del dopoguerra, la
montagna dei rifiuti crebbe velocemente: si fabbricava e si metteva in
commercio moltissima merce, tra cui frigoriferi, giradischi, televisori e
soprattutto tanti oggetti realizzati in materiale plastico. Si diffusero tende
e indumenti realizzati in tessuti sintetici che non avevano bisogno di stiratura;
le stufe a carbone vennero sostituite con quelle a gas e a cherosene; in questo
modo i materiali facilmente combustibili, invece di essere bruciati, iniziarono
a finire nel secchio della spazzatura.
Nei paesi industrializzati come il
nostro si iniziò a parlare di "società dell'usa e getta". I1
consumatore veniva persuaso, attraverso martellanti campagne pubblicitarie, a
sostituire beni durevoli con prodotti di prezzo inferiore, ma di minore durata.
Tutto ciò determinò alla fine degli anni '80 una situazione di crisi, in quanto
lo smaltimento delle crescenti quantità di rifiuti divenne un serio problema
sia a livello organizzativo sia economico.
In Italia la gestione dei rifiuti è disciplinata in via principale dal dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, vera e propria legge quadro del settore emanata in attuazione delle direttive europee 91/156/Cee (sui rifiuti), 91/689/Cee (sui rifiuti pericolosi) e 94/62/Cee (sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio).
La gestione dei rifiuti in Italia è disciplinata dalla Parte quarta del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale"), cd. "Codice ambientale", in vigore dal 29 aprile 2006, emanato in recepimento delle direttive comunitarie in materia di rifiuti, rifiuti pericolosi, imballaggi e rifiuti di imballaggio. Dalla stessa data il provvedimento ha abrogato e sostituito, tra gli altri, il Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. "Decreto Ronchi"), ma ha mantenuto in vigore (fino a nuova disciplina) tutta la normativa attuativa e regolamentare nel frattempo intervenuta.
La Parte quarta del Codice ambientale è dedicata ai rifiuti e alle bonifiche ("Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati"); tale Parte quarta stata oggetto di significative modifiche da parte del Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205 (di recepimento della direttiva 2008/98/Ce sui rifiuti).
Oltre al testo base di riferimento della normativa sui rifiuti rappresentata dal Dlgs 152/2006, Parte quarta, come modificato, si aggiunge un considerevole numero di disposizioni settoriali (per un quadro completo di tutta la normativa vigente in tema di rifiuti si rimanda all’apposita sezione nell’Osservatorio di normativa ambientale di reteambiente.ithttp://www.reteambiente.it/normativa/rifiuti/indici/vigente/).
La disciplina prevede una serie di obblighi a carico dei soggetti che intervengono nella gestione dei rifiuti, distinti in base alle caratteristiche del produttore e alla tipologia dei rifiuti prodotti (cittadino, amministrazione o impresa, impresa di determinate dimensioni, che produce rifiuti speciali, pericolosi, ecc.).. Gli obblighi sono relativi a tutte le fasi nelle quali la gestione dei rifiuti si svolge, dalla raccolta alle fasi della successiva gestione, dalla tenuta della documentazione necessaria per garantire la tracciabilità dei rifiuti (il Sistri e, solo in alcuni specifici casi, il formulario di identificazione per il trasporto sul territorio nazionale e il registro di carico e scarico), all’iscrizione all’Albo gestori ambientali qualora si vogliano esercitare specifiche attività, alla necessità di ottenere autorizzazioni dalle autorità competenti.
Inoltre, per il recupero di particolari tipologie di rifiuti viene previsto un sistema diConsorzi, rappresentato da Conai, dai Consorzi di filiera e da Conip per gli imballaggi, Polieco per i rifiuti in polietilene, Coou per gli oli minerali, Cobat per le batterie al piombo, Conoe per gli oli vegetali. A questi si affianca Ecopneus, a breve operativo ex Dm 11 aprile 2011, n. 82) il sistema per la gestione degli pneumatici fuori uso, nonché i sistemi collettivi per la gestione dei Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche), il cui fondamento giuridico risiede nelDlgs 151/2005 di recepimento delle direttive Raee e RoHs.
La mancata osservanza delle disposizioni è accompagnata dalla previsione di pesanti sanzioni, a carico delle imprese e dei cittadini.
Inoltre, dal 16 agosto 2011 è in vigore il Dlgs 121/2011, il provvedimento che ha recepito (anche) la direttiva 2008/99/Ce sulla tutela penale dell’ambiente. Il nuovo Dlgs attrae una serie di reati ambientali nell’orbita della responsabilità amministrativa degli enti e delle imprese prevista dal Dlgs 231/2001. Il tutto, prevedendo sanzioni pecuniarie nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato commesso uno dei reati previsti.
Ne risulta quindi un quadro molto complesso, di adempimenti a carico dei diversi soggetti coinvolti; la complessità è dovuta non solo alla necessità di coordinare disposizioni poste in normative non omogenee, ma altresì in continua e rapida evoluzione.
Si raccomandano i Lettori pertanto di monitorare l’evoluzione delle disposizioni anche attraverso il continuo accesso alle diverse sezioni dedicate nell’Osservatorio di normativa ambientale (sezione Rifiuti) di reteambiente.it, aggiornato in tempo reale e arricchito di commenti e approfondimenti.
Della cultura di ambiente si è cominciato a parlane alla fine degli anni 70, dopo la crisi petrolifera delle 7sorelle.
Periodo che ha dato il via anche alla creazione delle associazioni ambientaliste. Ma è solo nel 1987 con dichiarazione di brutland che si è parlato di sostenibilità.
Le tappe della sostenibilità
1972 – Dichiarazione di Stoccolma sull’ambiente umano
1987 – Rapporto Brundtland
1992 – Rio de Janeiro, Brasile Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo Vertice della Terra/UNCED
1994 – Aalborg, Danimarca: 1ª Conferenza Europea sulle città sostenibili
1997 – Protocollo di Kyoto Cop3, III Conferenza Mondiale sul Cambiamento climatico
2002 – Johannesburg, Sud Africa – Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni Unite
2006 – La Strategia per lo Sviluppo Sostenibile
1987 – Rapporto Brundtland
1992 – Rio de Janeiro, Brasile Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo Vertice della Terra/UNCED
1994 – Aalborg, Danimarca: 1ª Conferenza Europea sulle città sostenibili
1997 – Protocollo di Kyoto Cop3, III Conferenza Mondiale sul Cambiamento climatico
2002 – Johannesburg, Sud Africa – Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni Unite
2006 – La Strategia per lo Sviluppo Sostenibile
Vediamole in dettaglio
1972 – Dichiarazione di Stoccolma sull’ambiente umano
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (UNCHE, United Nations Conference on Human Environment), tenutasi a Stoccolma nel giugno 1972 e a cui parteciparono paesi industrializzati e in via di sviluppo, è stato il primo incontro internazionale in cui si è focalizzata l’attenzione sulla protezione dell’ambiente naturale come condizione imprescindibile per lo sviluppo delle popolazioni umane attuali e delle generazioni future.
La Conferenza si concluse con la stesura di un documento noto come “Dichiarazione di Stoccolma”, che contiene i principi per la protezione ambientale e lo sviluppo umano cui i governi devono attenersi nelle proprie decisioni politiche. La Dichiarazione può essere considerata una pietra miliare nella definizione del concetto di sviluppo sostenibile e dei provvedimenti internazionali sull’ambiente e sul clima.
Tra le decisioni prese durante il summit c’è stata l’istituzione del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), istituito lo stesso anno con base a Nairobi, in Kenya, e di un organo di monitoraggio ambientale su scala globale, Earthwatch, integrato nell’UNEP. La Dichiarazione ha espresso inoltre un parere su alcuni aspetti delle attività umane e, in particolare, condannò i test sulle armi nucleari, soprattutto quelli condotti in atmosfera, esortando le nazioni ad abbandonarli in quanto fonti di ulteriore inquinamento dell’ambiente; inoltre, istituì la Giornata mondiale dell’ambiente (5 giugno).
La Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (UNCHE, United Nations Conference on Human Environment), tenutasi a Stoccolma nel giugno 1972 e a cui parteciparono paesi industrializzati e in via di sviluppo, è stato il primo incontro internazionale in cui si è focalizzata l’attenzione sulla protezione dell’ambiente naturale come condizione imprescindibile per lo sviluppo delle popolazioni umane attuali e delle generazioni future.
La Conferenza si concluse con la stesura di un documento noto come “Dichiarazione di Stoccolma”, che contiene i principi per la protezione ambientale e lo sviluppo umano cui i governi devono attenersi nelle proprie decisioni politiche. La Dichiarazione può essere considerata una pietra miliare nella definizione del concetto di sviluppo sostenibile e dei provvedimenti internazionali sull’ambiente e sul clima.
Tra le decisioni prese durante il summit c’è stata l’istituzione del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), istituito lo stesso anno con base a Nairobi, in Kenya, e di un organo di monitoraggio ambientale su scala globale, Earthwatch, integrato nell’UNEP. La Dichiarazione ha espresso inoltre un parere su alcuni aspetti delle attività umane e, in particolare, condannò i test sulle armi nucleari, soprattutto quelli condotti in atmosfera, esortando le nazioni ad abbandonarli in quanto fonti di ulteriore inquinamento dell’ambiente; inoltre, istituì la Giornata mondiale dell’ambiente (5 giugno).
1987 – Rapporto Brundtland
Nel 1987 la Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, istituita dalle Nazioni Unite nel 1983 e presieduta da Gro Harlem Brundtland, presenta il proprio rapporto che contiene quella che poi è divenuta la definizione più diffusa di sviluppo sostenibile: “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” .
Il rapporto è diviso in tre ampie sezioni che disegnano le sfide a cui è chiamata l’umanità:
I parte: preoccupazioni comuni
[…] La sostenibilità richiede una considerazione dei bisogni e del benessere umani tale da comprendere variabili non economiche come l’istruzione e la salute, valide di per sé, l’acqua e l’aria pulite e la protezione delle bellezze naturali […]
II parte: sfide collettive
[…] Nella pianificazione e nei processi decisionali di governi e industrie devono essere inserite considerazioni relative a risorse e ambiente, in modo da permettere una continua riduzione della parte che energie e risorse hanno nella crescita, incrementando l’efficienza nell’uso delle seconde, incoraggiandone la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti […]
III parte: sforzi comuni
[…] La protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile devono diventare parte integrante dei mandati di tutti gli enti governativi, organizzazioni internazionali e grandi istituzioni del settore privato; a essi va attribuita la responsabilità di garantire che le loro politiche, programmi e bilanci favoriscano e sostengano attività economicamente ed ecologicamente accettabili a breve e a lungo termine […]
Nel 1987 la Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo, istituita dalle Nazioni Unite nel 1983 e presieduta da Gro Harlem Brundtland, presenta il proprio rapporto che contiene quella che poi è divenuta la definizione più diffusa di sviluppo sostenibile: “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri” .
Il rapporto è diviso in tre ampie sezioni che disegnano le sfide a cui è chiamata l’umanità:
I parte: preoccupazioni comuni
[…] La sostenibilità richiede una considerazione dei bisogni e del benessere umani tale da comprendere variabili non economiche come l’istruzione e la salute, valide di per sé, l’acqua e l’aria pulite e la protezione delle bellezze naturali […]
II parte: sfide collettive
[…] Nella pianificazione e nei processi decisionali di governi e industrie devono essere inserite considerazioni relative a risorse e ambiente, in modo da permettere una continua riduzione della parte che energie e risorse hanno nella crescita, incrementando l’efficienza nell’uso delle seconde, incoraggiandone la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti […]
III parte: sforzi comuni
[…] La protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile devono diventare parte integrante dei mandati di tutti gli enti governativi, organizzazioni internazionali e grandi istituzioni del settore privato; a essi va attribuita la responsabilità di garantire che le loro politiche, programmi e bilanci favoriscano e sostengano attività economicamente ed ecologicamente accettabili a breve e a lungo termine […]
1992 – Rio de Janeiro, Brasile Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo Vertice della Terra/UNCEDIl Summit della Terra (in portoghese Eco ’92, in inglese Earth Summit) è il nome con cui è conosciuta la United Nations Conference on Environment and Development (UNCED, in italiano Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite).
Tenutasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, vi parteciparono 172 governi, 108 capi di Stato o di Governo e 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative.
Un importante risultato della conferenza fu l’accordo sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che a sua volta portò alla stesura del protocollo di Kyoto. Ci fu un accordo anche nel “non installare attività produttive in terre abitate da indigeni tali da degradare l’ambiente in cui vivono o da risultare inappropriate culturalmente”. La Conferenza di Rio si concluse con la stesura di diversi documenti ufficiali:
Tenutasi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, vi parteciparono 172 governi, 108 capi di Stato o di Governo e 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative.
Un importante risultato della conferenza fu l’accordo sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che a sua volta portò alla stesura del protocollo di Kyoto. Ci fu un accordo anche nel “non installare attività produttive in terre abitate da indigeni tali da degradare l’ambiente in cui vivono o da risultare inappropriate culturalmente”. La Conferenza di Rio si concluse con la stesura di diversi documenti ufficiali:
- Dichiarazione di Rio sull’ambiente e sullo sviluppo
- Agenda 21
- Convenzione sulla Diversità Biologica
- Principi sulle foreste
- Convenzione sul cambiamento climatico
1994 – Aalborg, Danimarca: 1ª Conferenza Europea sulle città sostenibiliAd Aalborg, in Danimarca, si tenne dal 24 al 27 maggio 1994 la I Conferenza Europea sulle Città sostenibili, che fu organizzata dal Consiglio internazionale per le iniziative ambientali locali (ICLEI), sotto il patrocinio congiunto della Commissione Europea e della città di Aalborg.
Durante la Conferenza viene sottoscritta la Carta di Aalborg, un documento firmato inizialmente da 80 Amministrazioni Locali europee e da 253 rappresentanti di organizzazioni internazionali, governi nazionali, istituti scientifici, consulenti e singoli cittadini.
Con la Carta si dà inizio alla “Campagna Europea delle Città Sostenibili” e si formalizzano anche i concetti di partecipazione e di “buona governance del territorio”. Le città e le regioni europee si impegnano ad attuare l’Agenda 21 a livello locale, a elaborare piani a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile, ad avviare una campagna di sensibilizzazione.
La Carta si sviluppa essenzialmente in tre parti:
Durante la Conferenza viene sottoscritta la Carta di Aalborg, un documento firmato inizialmente da 80 Amministrazioni Locali europee e da 253 rappresentanti di organizzazioni internazionali, governi nazionali, istituti scientifici, consulenti e singoli cittadini.
Con la Carta si dà inizio alla “Campagna Europea delle Città Sostenibili” e si formalizzano anche i concetti di partecipazione e di “buona governance del territorio”. Le città e le regioni europee si impegnano ad attuare l’Agenda 21 a livello locale, a elaborare piani a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile, ad avviare una campagna di sensibilizzazione.
La Carta si sviluppa essenzialmente in tre parti:
- Dichiarazione di principio: Le città europee per un modello urbano sostenibile
- La Campagna delle Città Europee Sostenibili
- L’impegno nel processo d’attuazione dell’Agenda 21 a livello locale: i piani locali d’azione per un modello urbano sostenibile.
1997 – Protocollo di Kyoto Cop3, III Conferenza Mondiale sul Cambiamento climaticoIl protocollo di Kyoto è un trattato internazionale che stabilisce precisi obiettivi per i tagli delle emissioni di gas, responsabili dell’effetto serra e del riscaldamento del pianeta, che fu sottoscritto da più di 160 paesi nella città giapponese di Kyoto l’11 dicembre 1997, in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).
Il trattato prevede l’obbligo dei paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra: metano, ossido di azoto, idroflorocarburi, perflourocarburi ed esaflouro di zolfo) nel periodo 2008 – 2012, in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base).
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest’ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha aderito.
Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
Il trattato prevede l’obbligo dei paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra: metano, ossido di azoto, idroflorocarburi, perflourocarburi ed esaflouro di zolfo) nel periodo 2008 – 2012, in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base).
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti; quest’ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha aderito.
Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
2002 – Johannesburg, Sud Africa – Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni UniteIl Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile è stato organizzato a Johannesburg (Sud Africa) dalle Nazioni Unite ed ha visto la partecipazione di 189 dei 195 Stati membri dell’ONU, di numerosi capi di Stato e di governo, dei rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative (ONG), del settore privato e di altri gruppi di interesse.
Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile ha rappresentato l’occasione per riflettere su quanto iniziato al Summit di Rio nel 1992 e per realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Uno dei risultati più importanti del Vertice è stata l’adozione di un piano d’azione, sottoscritto da tutti gli Stati presenti, nel quale sono stati individuati i temi chiave per il prossimo decennio.
Al Vertice sono state inoltre presentate una serie d’iniziative volontarie di collaborazione tra governi, istituzioni, imprese e società civile per dare concretezza al piano. È stata inoltre adottata una dichiarazione al fine di rinnovare l’impegno dei leader mondiali a favore della lotta alla povertà attraverso uno sviluppo economico svincolato dal degrado ambientale e dal consumo esasperato di risorse.
Il Vertice Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile ha rappresentato l’occasione per riflettere su quanto iniziato al Summit di Rio nel 1992 e per realizzare gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Uno dei risultati più importanti del Vertice è stata l’adozione di un piano d’azione, sottoscritto da tutti gli Stati presenti, nel quale sono stati individuati i temi chiave per il prossimo decennio.
Al Vertice sono state inoltre presentate una serie d’iniziative volontarie di collaborazione tra governi, istituzioni, imprese e società civile per dare concretezza al piano. È stata inoltre adottata una dichiarazione al fine di rinnovare l’impegno dei leader mondiali a favore della lotta alla povertà attraverso uno sviluppo economico svincolato dal degrado ambientale e dal consumo esasperato di risorse.
2006 – La Strategia per lo Sviluppo SostenibileA conclusione del percorso che aveva visto nel 2005 il riesame della strategia europea per lo sviluppo sostenibile del 2001, e sulla base delle consultazioni avvenute con gli altri organismi comunitari e altri stakeholders, il Consiglio Europeo ha adottato, il 16 giugno 2006, una nuova strategia europea per lo sviluppo sostenibile (l’Agenda di Goteborg), per un’Unione Europea allargata.
La strategia sottolinea e rinforza l’impegno e la necessità di cooperazione che dovrà affrontare l’UE in considerazione dell’impatto dei nuovi paesi sullo sviluppo sostenibile globale.
La nuova strategia elenca sette sfide:
La strategia sottolinea e rinforza l’impegno e la necessità di cooperazione che dovrà affrontare l’UE in considerazione dell’impatto dei nuovi paesi sullo sviluppo sostenibile globale.
La nuova strategia elenca sette sfide:
- Cambiamenti climatici e energia pulita;
- Trasporti sostenibili;
- Consumo e Produzione sostenibili;
- Conservazione e gestione delle risorse naturali;
- Salute pubblica;
- Inclusione sociale, demografia e migrazione;
- Povertà mondiale e sfide dello sviluppo.
Un ruolo fondamentale, a sostegno della diffusione e del raggiungimento degli obiettivi della strategia, è assegnato alla formazione, al maggior investimento nella ricerca e sviluppo, all’Agenda 21 Locale, all’informazione e comunicazione con i cittadini.
Conferenza di Rio Plus + 20
La conferenza Rio+20 e il suo processo preparatorio si pongono l’obiettivo di promuovere nuovi traguardi, considerare i progressi raggiunti e valutare le lacune per poter poi affrontare le nuove sfide in linea con le raccomandazioni emerse in passato dai vertici sullo sviluppo sostenibile.
La Conferenza si concentra su due temi principali:
- "A Green Economy in the context of sustainable development and poverty eradication" (un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e riduzione della povertà): da intendersi come transizione verso un’economia verde (adattata al contesto nazionale), che non sia solo un miglioramento ambientale, ma un nuovo paradigma che cerchi di alleviare minacce globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali e al tempo stesso promuovere un benessere sociale ed economico.
- "Institutional framework for sustainable development" (quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile): da intendersi come riferimento al sistema di governance globale per lo sviluppo sostenibile, includendo le istituzioni incaricate di sviluppare, monitorare e attuare le politiche di sviluppo sostenibile attraverso i suoi tre pilastri: sociale, ambientale ed economico. A seguito della decisione n° 1 del 26° Governing Councildell’UNEP (Nairobi, 21-24 Febbraio 2011) il tema del quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile include anche il processo di riforma della Governance Internazionale dell’ambiente (IEG).
La Conferenza Rio+20 rappresenta un'occasione per riflettere sullo sviluppo sostenibile, con particolare riguardo ai temi dell'economia verde e della governance, non solo a livello internazionale ma anche a livello nazionale. Inoltre, la Conferenza può contribuire a facilitare in Italia la transizione verso modelli di consumo e produzione sostenibili perseguendo l'obiettivo di una crescita economica più attenta alle istanze sociali e ambientali. Con questa convinzione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato avvio a una serie di consultazioni a livello nazionale e ad un ampio programma di attività e di cooperazione internazionale, soprattutto con il Brasile.
Oltre agli incontri interministeriali per la preparazione della partecipazione italiana alla Conferenza Rio+20, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha organizzato un Forum della Società Civile che si è svolto il 10 gennaio 2012 alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Roma La Sapienza, per coinvolgere il più ampio numero possibile di attori non governativi nella preparazione della Conferenza e per promuoverla in modo attivo e concreto.
Per dare seguito all’incontro del Forum il 30 marzo 2012 è stato attivato, in collaborazione con il CURSA - Consorzio Universitario per la Ricerca Socio-economica e per l’Ambiente -, un portale per la raccolta delle esperienze della società civile in tema di Green Economy nel contesto dello sviluppo sostenibile e della lotta alla povertà. Tutti i rappresentanti della società civile italiana - dalle associazioni alle imprese dalle amministrazioni locali agli enti di ricerca - sono invitati a segnalare la proprie iniziative più significative. Sulla base degli esiti della raccolta è stata elaborata una banca dati che serve a rafforzare il contributo italiano alla Conferenza di Rio e ai successivi impegni in materia di sviluppo sostenibile.
Infatti, alla Conferenza Rio+20 la partecipazione della società civile costituisce un elemento di fondamentale importanza come dimostrano i numerosi eventi organizzati per dare voce agli stakeholders e per consentire ai diversi gruppi di proporre idee e iniziative concrete, complementari agli impegni assunti dai governi. Di particolare rilievo sono i c.d. Sustainable Development Dialogues,che si sono svolti dal 16 al 19 giugno 2012, prima dell’inizio della Conferenza, e hanno visto la società civile riunita in un ampio dialogo sui temi centrali della Conferenza.
In questo stesso spirito un ricco programma di eventi ha animato, a partire dal 14 giugno e per tutta la durata della Conferenza, il "Padiglione Italia", realizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio presentare e valorizzare progetti, studi, imprese e organizzazioni che investono e fondano la loro esistenza sulla cosiddetta "economia verde".
( fonte ministero dell'ambiente)
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